Per noi i temi legati allo sviluppo dell'Ovest vicentino e soprattutto alla qualità e alla tutela del benessere dei cittadini possono essere affrontati solo in una logica di territorio e non di campanilismi o interessi di parte. Nell'ultimo mese, dopo la nomina dell'amministratore unico di Acque del Chiampo Serafin, abbiamo assistito sui quotidiani ad una serie di dichiarazioni di sindaci ed esponenti delle categorie economiche in cui tutti sembrano essere contro tutti (sindaci contro sindaci, sindaci contro Acque del Chiampo, industriali della concia contro Acque del Chiampo e viceversa ecc.). Dichiarazioni di dura contrapposizione alternati ad appelli e disponibilità al dialogo.
Detto questo, non sappiamo se e quanto queste contrapposizioni siano vere né, se e quanto siano legate a questioni personali o di interesse economico o di partito; comunque non ci interessa affatto entrare nel merito di queste polemiche, ci preoccupa però che in tutto questo si tiri in ballo il tema della gassificazione dei fanghi conciari e perfino il futuro del settore industriale della concia e con esso il destino di molte famiglie di lavoratori e lavoratrici del territorio. Sembra appunto che nessuno sappia cosa fare.
Il rischio che su questo tema si arrivi dentro una situazione di emergenza, più o meno cercata o colpevolmente non prevista. Una situazione di emergenza che poi giustifica qualsiasi scelta; anzi una sola scelta e cioè quella dell'inceneritore.
Come è noto le scelte determinate dall'emergenza, oltre ad essere molto rischiose, non hanno quasi mai portato alla soluzione dei problemi, anzi li hanno accentuati.
Oppure questo balletto di dichiarazioni può essere solo una rappresentazione di superficie, magari giustificata a da altri motivi ed interessi appunto di parte. Una discussione che sembra trovare una composizione nella annunciata costituzione della cosiddetta 'Consulta degli utenti' mentre in sotterranea, in sedi meno istituzionali e meno trasparenti, prosegue il processo per arrivare alla costruzione dell'inceneritore dei fanghi conciari.
E' necessario però evidenziare, per l'ennesima volta, un'altra questione fondamentale che emerge dalle dichiarazioni degli imprenditori: viene ciclicamente utilizzato il tema della del futuro del distretto conciario e dei posti di lavoro associando il tutto al tema dell'inceneritore dei fanghi conciari.
Ora, come abbiamo detto più volte anche noi oltre a ben più autorevoli commentatori, la crisi che attraversa da più di 5 anni il distretto della concia e non solo quello, non è stata determinata e nemmeno minimamente influenzata dalla presenza o meno dell'inceneritore dei fanghi, ma ha ben altre origini che hanno a che fare sia con la congiuntura internazionale e nazionale, sia con limiti propri del tessuto produttivo locale. Senza voler generalizzare possiamo citare ad esempio: eccessiva frammentazione delle aziende, l'incapacità di agire come sistema e la litigiosità tra imprenditori, gli insufficienti investimenti, il non adeguato posizionamento e innovazione del prodotto; oltre ad un problema dei costi di produzione e della scarsissima solidità finanziaria media delle imprese del distretto.
Tutto questo, com'è evidente, non ha niente a che vedere col fatto dell'inceneritore dei fanghi, che casomai si pone in relazione ad un altro problema reale e cioè al continuare o meno il conferimento in discarica dei fanghi ed alla questione ambientale e della salute dei cittadini più in generale.
Gli imprenditori dovrebbero altrimenti dimostrare che, con la realizzazione dell'impianto si riavvia l'intero sviluppo del distretto e si riassumono le migliaia di lavoratori licenziati nel frattempo; ma ci sembra improbabile.
Facciamo anche presente che, come ben evidenziato dalla relazione dell'apposita commissione tecnica, il trattamento dei fanghi nell'inceneritore ha un costo ben maggiore dell'attuale conferimento in discarica quindi non riduce ma aumenta i costi per le imprese. A meno che, l'insistenza sull'inceneritore dei fanghi, non nasconda in realtà la volontà di creare un businnes alternativo per chi lo controlla.
Infine, in questo nuovo percorso innovativo e partecipativo presentato dal sindaco di Arzignano come segnale di velocità e trasparenza (dopo che era stato bloccato il precedente percorso avviato, perdendo così anni), sembra rimanere in ombra la questione centrale dell'accordo di programma cioè: 'Cosa fare dei fanghi di risulta del processo depurativo'.
Se finalmente è arrivata la condivisibile scelta di non acquistare l'impianto di gassificazione norvegese, per le carenze riscontrate da Arpav (noi lo avevamo detto già nel 2008, nel forum partecipativo 'Salviamoci la pelle') rimane la domanda di fondo: Gli enti preposti, a partire dalle amministrazioni comunali che sono chiamate a scegliere, continueranno a puntare solo sulla tecnica di gassificazione?
Se la risposta è sì, è necessario però rispondere a una domanda conseguente: 'Gli impianti di gassificazione sperimentati in Italia per una molteplicità di rifiuti si sono dimostrati un gigantesco flop tecnologico; qual'è la ditta di cui attende avvalersi l'ente gestore che possa garantire standard di sicurezza in termini quasi nulli di impatto ambientale (aria, acqua, suolo) e di netto miglioramento della qualità ambientale del comprensorio conciario, che è l'obbiettivo primario dell'accordo di programma?'
Siamo coscienti che è una domanda da 100 milioni di euro, ma è quella a cui si deve rispondere prima di decidere in quanto tempo si costruisce l'inceneritore.
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